Le accuse alla commissione? «Col nostro lavoro diamo molto fastidio a tanti» Onorevole D'Agostino, lei fu fra i promotori dell'inchiesta dell'Antimafia regionale sui beni confiscati. Soddisfatto della relazione finale? «Assolutamente sì. L'impulso per quest'inchiesta partì dal procuratore di Catania che, alla presentazione di un libro, evidenziò le tante contraddizioni nel settore e l'importanza di uno scatto comune, anche della società civile. Nella relazione denunciamo il silenzio raggelante sulla gestione dei beni sottratti ai mafiosi, la disorganizzazione dell'Agenzia, la retorica ascoltata da chi l'ha diretta, le assenze di prefetti e sindaci sul territorio che aiuta i mafiosi a tenersi i beni».
Ci sono anche dei casi specifici, storie belle e storie brutte. «C'è il caso virtuoso di Geontrans, che resiste alla concorrenza sleale di altre società, fra cui quella nuova degli Ercolano, che godono di sconti importanti sui trasporti marittimi. E poi i casi in cui c'è un corto circuito: quello del Comune di Acireale, "distratto" su immobili in parte intestati alla moglie di un mafioso, poi rientrata in possesso dopo un ricorso al Tar. E poi ci sono i casi del complesso di Gravina e dell'agrumeto di Palagonia, simboli dello strapotere di chi dispone ancora di beni addirittura messi a bando».
Nel finale della relazione ci sono anche proposte operative. Non le sembra utopica Nicola D'Agostino, deputato lv una legge-voto nazionale per cambiare la Rognoni-La Torre? «Andrà fatta anche quella, ma più pragmaticamente penso al ddl all'Ars, visto che il 90 per cento dei beni confiscati in Italia sono in Sicilia».
Come immagina il nuovo sistema? «Con una serie di norme per rendere più trasparente ed efficace tutto il sistema: pubblicazione obbligatoria degli elenchi dei beni assegnati da parte dei comuni, con rendicontazione obbligatoria di chi li gestisce, bandi con tempi di affidamento più lunghi, anche oltre 10 anni, per facilitare investimenti e ammortamenti, un ruolo dei prefetti sul nodo bancario e una norma per facilitare l'acquisto di beni e servizi dalle aziende confiscate da parte delle pubbliche amministrazioni, magari con un marchio di legalità che apra un circuito virtuoso. A livello siciliano serve un ufficio speciale regionale di raccordo con Agenzia, Prefetture, Comuni e forze dell'ordine, con competenza su gestione e vigilanza di beni, risorse, bandi regionali, magari usando fondi Ue e anche di rotazione per l'accesso al credito attraverso Ircac, con la possibilità di assegnare alcuni beni agli Iacp».
Sull'ultima relazione e sull'attività dell'Antimafia c'è chi è molto critico. «Il lavoro di questa commissione è senza precedenti. Ce ne accorgiamo dall'attenzione delle istituzioni serie. Su Borsellino, Montante e Antoci abbiamo tolto il velo della ipocrisia e aperto scenari inquietanti, sui rifiuti abbiamo anticipato gli stessi magistrati, sui Comuni sciolti siamo andati controcorrente. Chi ci critica, attaccando Fava, non capisce che tutte le relazioni sono condivise e votate all'unanimità. Evidentemente stiamo scoprendo tabù, compreso, ad esempio sui beni confiscati, quello della sconcertante impreparazione dello Stato. Diamo molto fastidio a tanti».
Quindi lei sta dalla parte di Fava? «Fava ha dato dignità, rispetto e autorevolezza alla commissione e a tutta l'Ars. Le inchieste prodotte sono di altissimo livello e dovrebbero essere spunti per tutte le istituzioni statali e regionali per approfondire alcuni temi e non ripetere gli stessi errori».
Fonte: La Sicilia