Il Consiglio dei ministri ha approvato il provvedimento che da lunedì prossimo permette il riavvio progressivo delle attività economiche nelle zone dove la situazione sanitaria è più sotto controllo.
Il Consiglio dei ministri ha varato il nuovo decreto anti coronavirus le cui bozza era stata licenziata venerdì scorso. Nessuna novità di rilievo, a parte l’astensione politicamente pesante della Lega, che contesta la conferma del coprifuoco alle 22. Da lunedì 26, dunque, si comincia a riaprire e tra i primi ci saranno i ristoratori: in zona gialla, fino a tutto il mese di maggio, sarà possibile pranzare o cenare solo nei locali che hanno tavoli all'aperto, mentre dal primo giugno si potrà mangiare anche al chiuso, ma solo a pranzo. Sempre in area gialla riapriranno con specifici protocolli teatri, cinema, spettacoli e musei. Dal 15 maggio sarà consentita l'attività nelle piscine scoperte e dal primo giugno nelle palestre al chiuso, data in cui saranno aperti al pubblico anche manifestazioni ed eventi sportivi di interesse nazionale. Il 15 giugno ripartono le fiere e dal primo luglio sarà la volta di congressi e parchi tematici. Per quanto riguarda gli spostamenti tra le Regioni resta necessaria l'autocertificazione, dove è già prevista, ma da subito si potrà girare più liberamente con in tasca il “certificato verde”, che attesti la vaccinazione, l'esecuzione di un tampone negativo o l'avvenuta guarigione dal Covid. Chi avrà il pass potrà anche accedere a determinati eventi, culturali e sportivi.
Sangalli: “anticipare le riaperture per le attività all'interno”
"Le aperture per le sole attività all'aperto rischiano di penalizzare almeno la metà delle imprese che non possono usufruire di questa possibilità. Per i pubblici esercizi della montagna, poi, è una doppia penalizzazione considerate le condizioni climatiche”. Lo ha detto il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, nel suo intervento alla giornata "Legalità, ci piace!”. "Chiediamo - ha aggiunto Sangalli - due ulteriori accorgimenti: favorire una sensibilizzazione nei confronti delle amministrazioni locali nel permettere di utilizzare nuovi spazi pubblici, così da maggiore vivibilità delle nostre città e territori; anticipare prima possibile le aperture anche all'interno, con distanziamento e protocolli di sicurezza".
Fipe: “un primo passo, ma serviva più coraggio”
"Avere una data per poter ripartire e poter lavorare la sera sono certamente segnali che vanno nella giusta direzione, ma ci aspettavamo maggiore coraggio". È il primo commento della Federazione Italiana dei Pubblici esercizi, Fipe-Confcommercio, per la quale “si tratta solo di un primo punto di partenza, perché troppe imprese restano tagliate fuori dalla limitazione del servizio ai soli spazi esterni, subendo così una discriminazione. Per queste realtà il lockdown non finirà il 26 aprile. È fondamentale avere già nei prossimi giorni una road map molto precisa che indichi come e quando le riaperture potranno coinvolgere, nel pieno rispetto dei protocolli di sicurezza, anche tutti quei locali che hanno a disposizione solo spazi interni. Parallelamente sarà importante invitare i Comuni a fare tutto quanto in loro potere per favorire la concessione di suolo pubblico agli operatori sfavoriti da questa riapertura parziale". Fipe sottolinea infine che "sarà essenziale che tutti quanti, imprenditori e avventori, dimostrino il massimo senso di responsabilità, rispettando pedissequamente le norme di sicurezza sanitaria stabilite dal Comitato tecnico scientifico. Non possiamo permetterci passi falsi. L'obiettivo comune deve essere quello di tornare a lavorare, e dunque a vivere, a pieno ritmo".
Sono 116mila i locali senza spazio esterno
Fipe fai inoltre notare che riaprire solo le attività che hanno i tavolini all'esterno "significa prolungare il lockdown per oltre 116mila pubblici esercizi". Il 46,6% dei bar e dei ristoranti italiani non ha infatti spazi all'aperto, una percentuale peraltro che nei centri storici, soggetti a regole molto più stringenti, aumenta considerevolmente. "Se questo è il momento del coraggio dice Fipe - che lo sia davvero. I sindaci mettano a disposizione spazi extra per le attività economiche che devono poter apparecchiare in strada ed evitare così di subire, oltre al danno del lockdown, la beffa di vedere i clienti seduti nei locali vicini". Per la federazione la data del 26 aprile da sola "non basta. Dobbiamo dare una prospettiva a tutti gli imprenditori. Bisogna lavorare da subito a un protocollo di sicurezza sanitaria stringente, che consenta la riapertura anche dei locali al chiuso e bisogna darci un cronoprogramma preciso, a partire dal 26 aprile. Non c'è più tempo da perdere. Nelle prossime ore chiederemo all'Associazione nazionale dei Comuni italiani di collaborare con noi per spingere i sindaci a concedere il maggior numero di spazi esterni extra, in via del tutto eccezionale e provvisoria, agli esercizi che in questo momento ne sono sprovvisti. Sarebbe un bel segnale di unità e di voglia di uscire dal pantano tutti insieme".
Sib: “'stabilimenti pronti ad accogliere i turisti stranieri dal 15 maggio”
Gli stabilimenti balneari "sono pronti ad accogliere i turisti anche stranieri, in particolare i tedeschi, che con la Pentecoste dal 13 maggio hanno un periodo di vacanze di 15 giorni. La nostra richiesta è stata accolta, siamo soddisfatti: l'apertura a giugno ci avrebbe penalizzato rispetto ad altri mercati concorrenti come la Grecia e la Spagna. L'importante è che l'Italia c'è, è pronta". Così Antonio Capacchione, presidente del Sib Fipe- Confcommercio, soddisfatto per l'accoglimento della richiesta fatta nei giorni scorsi al ministro del Turismo, Massimo Garavaglia. I balneari hanno iniziato già da qualche settimana a fare lavori di manutenzione sulle spiagge perché "non è che alziamo una saracinesca e apriamo - spiega Capacchione - alle volte c'è bisogno di un mese, di due mesi, dipende dalle dimensioni degli stabilimenti e quindi confido che dal 15 maggio si possa iniziare davvero a lavorare".
Federalberghi: “le terme sono già aperte e potranno offrire maggiori servizi”
Bene gli indirizzi formulati dalle Regioni, che “confermano gli alti standard di sicurezza garantiti dalle aziende termali”, ma non è chiaro “a quali ipotesi di termalismo si faccia riferimento quando si parla di riaperture al primo luglio. Ci auguriamo solo che eventuali profili di limitazioni alle attività termali presenti ad oggi nei testi normativi vengano aboliti al più presto”. Lo sottolinea Emanuele Boaretto, presidente di Federalberghi Terme, per il quale comunque "un ulteriore segnale positivo verrà dalle decisioni che il Governo si appresterebbe ad assumere e che consentirebbero di riprendere a breve i flussi turistici e sanitari idonei a far ripartire il settore dopo un anno di grosse difficoltà”. In ogni caso, conclude la Federazione, è bene ricordare che “gli stabilimenti termali italiani sono aperti già oggi per le prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza (fangobalneoterapia e inalazioni, ad esempio) e per attività riabilitative e terapeutiche".
I centri commerciali chiedono di riaprire nel fine settimana
In vista della definizione del programma di riaperture Annc-Coop, Ancd-Conad, Confcommercio, Confimprese, Cncc-Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali e Federdistribuzione chiedono al Governo di permettere a tutti i punti vendita di centri, parchi e gallerie commerciali di riprendere l’attività anche nei fine settimana, nel rispetto dei protocolli di sicurezza. Questi ultimi, fanno notare le Associazioni del commercio, “sono stringenti e offrono tutte le garanzie necessarie a tutelare al meglio consumatori, dipendenti e fornitori dal rischio di contagio”. La chiusura nel weekend, operativa da più di sei mesi (140 le giornate di chiusura, per la precisione) ha tagliato il giro d’affari del 40% rispetto al 2019 e il fatturato annuo di 56 miliardi di euro. Sono numeri che “mettono a repentaglio la tenuta delle aziende, con il rischio di forti ricadute occupazionali”.
Ad aggravare la situazione, dicono ancora le Associazioni, “va considerato che i ristori economici per le imprese sono stati quasi nulli e inadeguati a coprire le perdite già consolidate”. Sono dunque urgenti “un’iniezione di liquidità nel sistema per le imprese di tutte le dimensioni, che potrebbe passare anche da uno spostamento temporale delle scadenze fiscali e previdenziali, da un rafforzamento degli strumenti e una semplificazione delle procedure di accesso al credito agevolato, con tempi rapidi e certi, da una nuova misura sugli affitti, con la previsione del credito di imposta anche per il 2021”.
Anche il gioco legale vuole ripartire, “noi dimenticati dal decreto”
Le quattro organizzazioni degli esercenti del gioco legale, tra cui Acadi-Associazione Concessionari dei Giochi Pubblici aderente a Confcommercio, esprimono "sconcerto e infinita preoccupazione per l'assenza di indicazioni sulle riaperture del gioco legale nella bozza del decreto Covid". "Il Governo, anche alla luce della drammatica situazione economica del Paese, ha deciso di riaprire nelle prossime settimane praticamente tutte le attività economiche, compresi cinema, teatri, palestre - affermano le organizzazioni – ma ancora una volta non troviamo alcun cenno sulla riapertura delle sale da gioco, chiuse da 300 giorni". La situazione economica delle aziende del settore, che non hanno goduto al momento di alcun ristoro, è drammatica: 12mila punti vendita chiusi, indotto completamente fermo, oltre 60mila lavoratori a rischio. "Siamo stupefatti che il settore del gioco rimanga praticamente l'unico escluso dalle previsioni di riapertura - concludono le associazioni di settore - nonostante l'impegno ad una riapertura in sicurezza e sostenibile. Confidiamo che nel testo definitivo il Governo possa indicare una data certa di riapertura, coerentemente con quanto è accaduto per tutti gli altri settori economici".