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L'acquisto sotto casa e Agenda Urbana: l'auspicio dei commercianti
FIPE A DRAGHI: “FATECI TORNARE A LAVORARE”
Lettera-appello della Fedreazione al presidente del Consiglio: "va consentito al settore di contribuire ad una vita più sana del Paese, coniugare sicurezza e salute è possibile".
Servono un cambio di passo e una prospettiva certa e ravvicinata di riapertura. Fipe torna a ribadirlo, stavolta rivolgendosi direttamente al premier, Mario Draghi, con una lettera-appello in cui viene “scolpito” che "va consentito al settore di contribuire ad una vita più sana del Paese".
D’altronde le imprese della ristorazione e dell'intrattenimento, quelle rimaste, sono reduci da 160 giorni di chiusure forzate, che peraltro hanno causato danni gravissimi all'occupazione, e si apprestano a subire i danni di un’ennesima festività senza ristoranti. Secondo le stime dell'Ufficio Studi di Fipe, la zona rossa a Pasqua provocherà infatti un danno da 350 milioni di euro, mentre lo stop di Pasquetta causerà un ulteriore danno da 230 milioni.
Per questo Fipe sottolinea che ristori, indennizzi, moratorie, sostegno alla liquidità, ammortizzatori sociali, insieme a sgravi fiscali adeguati e urgenti, sono necessari per l'economia del Paese. Ma non bastano per ripartire: per questo bisogna permettere alle imprese di restate aperte, almeno a quelle che possono garantire maggiore sicurezza e il necessario distanziamento grazie alla disponibilità di spazi. Perché – scrive la Federazione - non consentire, anche con protocolli di sicurezza rafforzati, il servizio serale nelle regioni in area gialla e il servizio fino alle 18 nelle regioni in area arancione?
SANGALLI: "I RISTORI NON BASTANO. ALLUNGARE LA MORATORIA SUI DEBITI"
Intervista al Corriere della Sera del presidente di Confcommercio. "Da Draghi ci aspettiamo un intervento coraggioso per le imprese". "A rischio la chiusura di circa 300 mila imprese del terziario e 200 mila partite Iva”.
Il 24 marzo è partita la campagna nazionale di Confcommercio, “Il futuro non (si) chiude”per far sentire la voce delle imprese che vogliono ripartire e allo stesso tempo per sottolineare la necessità di sostegni più robusti per fare fronte alle enormi difficoltà economiche che le chiusure, da un anno a questa parte, hanno determinato. Il presidente Sangalli, dalle pagine del Corriere della Sera, chiede al presidente del Consiglio Draghi un intervento “coraggioso” e indennizzi più adeguati e tempestivi per le aziende.
“Dal presidente Draghi ci aspettiamo una svolta che non c'è ancora. Ci aspettiamo quel coraggio responsabile con cui nel 2012 salvò l'Unione monetaria europea, dichiarando il famoso "whatever it takes" (fare tutto ciò che è necessario, ndr). Ma questa volta deve farlo per salvare le nostre imprese. Che poi vuol dire salvare l'Italia”.
Può darci un'idea della situazione?
“Per trovare un anno peggiore del 2020 bisogna risalire più o meno al 1944. L'anno scorso sono andati persi quasi 130 miliardi di consumi, circa duemila euro a testa. Tra gennaio e febbraio di quest'anno c'è già stato un crollo di 20 milioni di presenze in Italia. Il lockdown di marzo e aprile rischia di causare una perdita di oltre 15 miliardi di euro, oltre la metà per alberghi e ristoranti. Questi ultimi, tra marzo e le giornate di Pasqua, non incasseranno circa 2,8 miliardi”.
Una débâcle
“Quando incontro I nostri imprenditori e ascolto numeri e bilanci disastrosi, ma sembra che la distanza tra noi e la lentezza e poca efficacia delle azioni fin qui Intraprese si faccia siderale”.
Di quali azioni parliamo?
“Tutti mi dicono la stessa cosa: le chiusure soma indennizzi adeguati non le reggiamo più. Ecco perché I nostri imprenditori, tutti gli imprenditori, si aspettano non solo un più robusto sostegno in tempo zero, ma anche la prospettiva di un ritorno alla normalità perché altrimenti non ce la si fa. Il sistema imprenditoriale non regge più”.
Cosa non va nel decreto Sostegni?
“E stato archiviato il meccanismo dei codici Ateco e sono stati stanziati per questi interventi circa un miliardo di euro, sui 32 mobilitati dal decreto. Ma i soggetti interessati alla fine sono circa tre milioni. In questo modo l'indennizzo medio è di circa 3.700 euro”.
Non bastano.
“Non ci siamo. Il rischio è la chiusura di circa 300 mila imprese del terziario e circa 200 mila partite Iva”.
Chiedete un nuovo scostamento di bilancio?
“Per forza: servono indennizzi più adeguati, più inclusivi e più tempestivi. E poi c'è un problema legato ai costi per le imprese rimaste chiuse: dalle locazioni ai finanziamenti. Chiediamo che possano essere sospesi, almeno fino a quando le imprese non potranno ripartire in piena normalità”.
Il credito dà problemi?
“Insieme con l'Abi e le altre associazioni abbiamo chiesto alle istituzioni europee e italiane la proroga delle moratorie in essere e l'introduzione di nuove, nonché una durata dei prestiti con garanzia pub buca di non meno di quindici anni. E senza che tutto ciò comporti classificazioni critiche o addirittura un default dei debitori”.
Bisognerebbe intervenire sulle regole europee.
“Pensiamo che il governo italiano possa e debba assumere un'iniziativa determinata al riguardo".
Il presidente Draghi ha promesso una stagione di dialogo.
“Sì e, in occasione delle sue dichiarazioni programmatiche alle Camere, ha posto la sfida di una "nuova ricostruzione". Il che richiede, dal punto di vista del metodo, maggiore confronto tra governo e forze sociali".
Cos'altro avete in agenda, oltre agli indennizzi?
“Proponiamo di superare il modello "più chiusure", puntando su "più vaccini". Per il decollo della campagna vaccinale, le nostre associazioni e le nostre imprese sono pronte a fare la propria parte. E poi c'è il Piano nazionale di ripresa e resilienza”.
Che intanto sta cambiando.
“Rispetto alla bozza del 12 gennaio, abbiamo segnalato la necessità di approfondire il rapporto tra investimenti e ruolo delle riforme, nonché l'esigenza di investire sull'economia del terziario. Siamo ancora in attesa di risposte. Lo ricorderemo anche con la campagna social "II futuro non (si) chiude", appena partita, che coinvolge tutti i territori, per raccontare la disperazione degli imprenditori ma anche la loro determinazione a non arrendersi”.
Tratto dal Corriere della Sera
di Antonella Baccaro
Per gli interventi sulla piazza Garibaldi i sindacati chiedono un incontro in Aula. Si amplifica la polemica sui lavori che l'amministrazione ha deciso per la riqualificazione della piazza centrale della città
PIAZZA ARMERINA.
Non si sopisce il malcontento dei commercianti per le scelte progettuali dell'amministrazione del sindaco Nino Cammarata in merito al rifacimento di piazza Garibaldi: adesso un documento unitario è stato redatto e firmato da tutte le single sindacali per chiedere alla conferenza dei capigruppo consiliari una audizione in consiglio comunale. In particolare Confcommercio, Cna, Confesercenti, Fiva Confcommercio e Anva Confesercenti, chiedono di essere convocati al presidente del consiglio comunale Marco Incalcaterra, al presidente della quarta commissione consiliare Concetto Arancio, ai capigruppo consiliari, e per conoscenza al sindaco Nino Cammarata «Abbiamo siglato un accordo sulle azioni da intraprendere a tutela delle imprese esistenti nel centro storico e coinvolte dagli effetti della preannunciata trasformazione della piazza Garibaldi» espongono i sindacati, un documento che esprime un chiaro segnale di compattezza tra loro sulle linee da intraprendere a tutela dei loro associati, e ancora nella richiesta protocollata spiegano: «Senza sentire l'esigenza di confrontarsi con il tessuto economico e con la società civile della città, la giunta comunale ha approvato un progetto di riqualificazione della piazza Garibaldi che ne stravolge la conformazione e che potrebbe avere effetti devastanti per la futura fruizione dell'intero centro storico. Ci saremmo aspettati che un atto di tale rilevanza venisse condiviso dal sindaco con le associazioni di categoria che, ai sensi della Costituzione e del loro statuto, rappresentano il tessuto economico e gli interessi delle attività imprenditoriali del territorio. Sarebbe stato un gesto di disponibilità al dialogo e al confronto, un esempio di condivisione per un progetto che è destinato a cambiare il volto della città; ma purtroppo siamo costretti a registrare l'ennesimo atto di arroganza dell'amministrazione Cammarata». Ad ogni modo i sindacati confidano ancora nella possibilità di una mediazione: «Prima di proclamare lo stato di agitazione permanente avverso l'improvvida decisione dell'amministrazione comunale, desideriamo percorrere la strada del dialogo per scongiurare la realizzazione di un progetto miope e gravido di carenze». Una decisione quella delle scelte su piazza Garibaldi che non ha coinvolto il consiglio comunale, secondo le organizzazioni illegittimamente: «La delibera di giunta rappresenta una chiara violazione delle competenze del consiglio comunale, organo preposto alla programmazione urbanistica. Per tutto ciò - concludono - chiediamo di essere ascoltati con urgenza, per poter descrivere i gravi disagi che potrebbero derivare dalla realizzazione del progetto approvato».
Fonte: Giornale di Sicilia - Marta Furnari
Il futuro non (si) chiude. iniziativa nazionale per raccontare gli effetti dell'emergenza Covid nel terziario
Il Futuro non (si) chiude, oltre ad essere un grido d'allarme per la situazione drammatica che le imprese stanno vivendo in questo delicato momento storico, diventa il claim di un'importante iniziativa di Confcommercio. Una grande campagna social nazionale caratterizzata da un forte impatto visivo ed emotivo, che coinvolge l'intero Sistema attraverso le Associazioni territoriali e le Federazioni.
Obiettivo dell'iniziativa è quello di raccontare la crisi, il sentiment ma anche la voglia di ripartire degli imprenditori, nonché la disperazione, ormai generalizzata, che investe l'intero settore del terziario di mercato. Ma soprattutto, sostenere la necessità e l’urgenza - condivise da tutte le imprese associate - di consentire, nel rispetto delle regole e dei protocolli di sicurezza, la riapertura delle attività per scongiurare le drammatiche chiusure di imprese e la perdita di posti di lavoro.
Nello slogan Il Futuro non (si) chiude ogni parola assume una valenza significativa. Il Futuro è un termine che torna spesso nelle domande di una società rimodellata su nuove esigenze e dinamiche socio-economiche e che coinvolge dal singolo alla collettività, dal commercio all'urbanistica postpandemica, ripensando in chiave funzionale i collegamenti con le comunità locali. Aspetto, quest'ultimo, fondamentale per impedire la desertificazione commerciale e consolidare la realtà delle economie urbane.
Il (si) individua il peso della responsabilità nella gestione dell'emergenza Covid-19 che poteva essere gestita sicuramente con meno incertezza e più programmazione, senza ricorrere necessariamente sempre al più chiusure come se fosse l’unica via percorribile. Ad accompagnare visivamente lo slogan Il Futuro non (si) chiude saranno gli scatti fotografici d'autore di Valerio Bispuri, dal forte impatto emotivo che mostrano, nel modo più realistico possibile, gli effetti della pandemia nel mondo del terziario, offrendo una veritiera e autentica "fotografia della realtà".
L'importanza del terziario
Il terziario è un settore strategico per numeri, imprese e lavoratori coinvolti. E le sue imprese costituiscono anche la centralità quotidiana di tutti noi, perché, più di tutti, impattano sulla vita delle persone, nei tempi e nei luoghi delle nostre città. Un modello di pluralismo imprenditoriale e distributivo, che tiene insieme tradizione e innovazione, imprese familiari e società di capitali, persone e territori. Attività che esprimono quell’economia della “socialità”, che è il tratto distintivo del Made in Italy, e che assicurano vivibilità e qualità della vita nelle nostre città e nei centri storici.
Riportare alla normalità e mantenere vitale questo mondo di imprese (a cominciare dal turismo, dalla ristorazione, dal commercio al dettaglio, dalla cultura e dal tempo libero) significa investire su quella parte dell’economia reale che può realmente avere un effetto moltiplicatore sull’economia e un effetto equilibratore sulla società. Significa dare una prospettiva diversa e migliore al Paese.
Dunque, partire dal terziario per far ripartire il Paese. Non è uno slogan, ma il semplice riconoscimento del ruolo essenziale che questo settore riveste nella vita economica e sociale del Paese. Commercio, turismo e cultura, servizi, trasporti e logistica, lavoro autonomo e professioni: un sistema di imprese che nel tempo hanno cambiato il volto della nostra economia, sempre più terziarizzata.
Nell’ultimo decennio, infatti, la quota di valore aggiunto prodotta dai servizi di mercato dei settori di rappresentanza di Confcommercio è aumentata dal 37% a quasi il 40%. Nello stesso periodo, l’industria ha ridotto la sua incidenza passando dal 29% a poco meno del 24%. Ancora più significativo è il contributo del commercio, del turismo, dei servizi, dei trasporti e delle professioni alla creazione di posti di lavoro con una quota di occupati passata dal 37,4% al 47%, Anche in questo ambito, il contributo del manifatturiero si è ridimensionato nel tempo passando dal 27,1% al 21,7%.
Numeri importanti che rispecchiano il peso della rappresentanza di Confcommercio e il suo ruolo sindacale: la Confederazione firma, infatti i contratti nazionali del terziario, distribuzione e servizi, del turismo, dei trasporti e della logistica e altri importanti accordi collettivi di categoria che si applicano, complessivamente, a circa 5 milioni di lavoratori. Contratti moderni e innovativi che valorizzano il ruolo del terziario di mercato.
2020, l’anno del Covid-19
Il Covid è stato e continua ad essere uno "tsunami" per tutti, un’emergenza sanitaria che è diventata economica e sociale colpendo in maniera drammatica soprattutto le imprese del terziario di mercato: intere filiere, in particolare quella del turismo (dai pubblici esercizi agli alberghi, dai tour operator ai trasporti, dalle discoteche agli stabilimenti balneari, dallo shopping alla cultura fino al tempo libero) ma anche molti comparti del commercio al dettaglio, soprattutto abbigliamento e calzature, hanno registrato, infatti, crolli verticali di fatturato e moltissime imprese di questi settori hanno chiuso definitivamente l’attività. Una situazione che, soprattutto durante il primo lockdown, è stata resa ancor più drammatica per la “pressione” della criminalità che si è fatta sentire su una consistente parte delle micro e piccole imprese del commercio e dei pubblici esercizi. Circa il 10% degli imprenditori, infatti, durante quel periodo, è risultato esposto all’usura o a tentativi di appropriazione "anomala" dell’azienda.
Gli effetti sui settori economici
Per il 2020, l’Ufficio Studi di Confcommercio stima una riduzione di oltre 300mila imprese del commercio non alimentare e dei servizi (saldo tra aperture e chiusure), di cui circa 240mila esclusivamente a causa della pandemia, a cui si deve aggiungere anche la perdita di circa 200mila attività professionali sparite dal mercato. Complessivamente, nel 2020 sono andati persi 160 miliardi di euro di Pil, quasi 130 miliardi di consumi (-11,8% rispetto al 2019) e il 10% di ore lavorate.
Solo nel comparto della ristorazione le perdite di fatturato nel 2020 hanno raggiunto i 38 miliardi, con la chiusura di circa 23mila imprese; il turismo ha registrato una perdita di valore della produzione di 100 miliardi, solo il comparto ricettivo ha perso oltre 13 miliardi di fatturato; nel commercio al dettaglio, il settore abbigliamento e calzature ha perso 20 miliardi di consumi con la chiusura definitiva di 20mila negozi; nel commercio su aree pubbliche si registrano cali fino a circa 10 miliardi e 30mila imprese a rischio chiusura; nel settore degli spettacoli le perdite hanno superato 1 miliardo, in termini di mancati incassi, tra cinema e spettacoli dal vivo (musica, teatro, lirica, danza); nel settore del gioco pubblico da inizio pandemia si sono persi circa 5 miliardi di euro di gettito per lo Stato e circa 4 miliardi di ricavi per il comparto nel quale sono a rischio 70mila imprese.
Le richieste di Confcommercio
Le priorità per uscire il prima possibile dal tunnel del Covid-19 e salvare le imprese che rischiano di chiudere sono due:
- contrasto alla pandemia;
- difesa del tessuto produttivo per farlo giungere “vivo” e reattivo fino al momento della ripartenza.
Sul primo punto bisogna accelerare il più possibile i tempi della campagna di vaccinazione evitando, però, l’adozione di strategie di contrasto dell’epidemia incentrate su lockdown e limitazioni di circolazione che sono economicamente e socialmente insostenibili. Quello che serve è una strategia articolata che consenta un salto di qualità per far convivere salute e lavoro e mettere, quindi, il sistema in condizione di ripartire subito e in sicurezza. Come, peraltro, stanno dimostrando le attività rimaste aperte osservando tutte le regole e i protocolli di sicurezza. Per Confcommercio è fondamentale poter riaprire e lavorare rispettando, naturalmente, tutte le regole e i protocolli di sicurezza a tutela della salute di tutti, imprenditori, collaboratori e consumatori.
La seconda priorità riguarda essenzialmente il nodo dei ristori e indennizzi e degli ammortizzatori sociali. Come già evidenziato, i settori economici rappresentati da Confcommercio sono quelli maggiormente colpiti dagli effetti della pandemia e dei conseguenti provvedimenti adottati.
Per questo, servono ristori più adeguati in termini di risorse, più inclusivi in termini di parametri d’accesso, più tempestivi in termini di meccanismi operativi. Una misura che dovrà essere accompagnata anche da interventi per ridurre o azzerare la pressione di imposte e tributi locali nei confronti delle imprese rimaste chiuse o fortemente penalizzate per i vari lockdown.
Sul versante degli ammortizzatori sociali occorre una riforma strutturale di questo strumento e una ampia proroga della Cassa Covid-19.
Le risorse per ripartire
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, attraverso l’utilizzo delle risorse del Recovery Fund, è l’occasione per una possibile ripartenza. Bisogna, però, arrivare al più presto ad un progetto compiuto e condiviso. E due, secondo Confcommercio, sono i punti chiave per una rapida programmazione e attuazione degli investimenti: una strategia per le riforme e la messa a punto di un meccanismo di governance, cruciale anche per il recupero dei divari territoriali, che consenta un’effettiva svolta nella capacità di programmazione e realizzazione degli investimenti pubblici. In particolare è necessario investire con determinazione, in termini di politiche, progetti e risorse, proprio sull’economia del terziario di mercato, perché rafforzarne la resilienza significa rafforzare la resilienza del sistema Paese.
"Siamo i nuovi poveri" I commercianti in piazza, Patrizia Di Dio: "Il ceto medio è in rovina, così si mette a rischio la tenuta sociale"
In un anno di pandemia c'è chi ha perso tutto. E per andare avanti ha dovuto chiedere aiuto o sfruttare i risparmi fino all'ultimo centesimo. Nell'esercito dei nuovi poveri ci sono i commercianti, che oggi si ritroveranno davanti a Palazzo dei Normanni per protestare indossando una maschera di gomma. «Il ceto medio si è indebitato per sopravvivere - dice la presidente di Confcommercio Palermo, Patrizia Di Dio - è a rischio la tenuta sociale. La Regione intervenga con risorse a fondo perduto a favore delle attività produttive».
In piazza la rabbia dei commercianti con l'acqua alla gola di Claudia Brunetto eGiorgio Ruta In un anno di pandemia c'è chi ha perso tutto. E che per andare avanti ha dovuto chiedere aiuto, cambiare vita e sfruttare i risparmi fino all'ultimo centesimo. Nell'esercito di chi in questi dodici mesi è diventato più povero o ha conosciuto la povertà perla prima volta ci sono di certo i commercianti. Oggi alle 13,30 per la prima volta gli imprenditori aderenti a Confcommercio si ritroveranno davanti a Palazzo dei Normanni per protestare. Indosseranno una maschera di gomma per provocazione: il «nazi-Covid» ha portato nelle loro vite «pene atroci e inique», dicono dall'organizzazione di categoria. Il settore del commercio vuole farsi sentire. A più ondate, in questo anno di Covid, l'hanno fatto i ristoratori, gli operatori del settore turistico e dello spettacolo. A chiedere aiuto, nei giorni scorsi, sono stati anche i venditori ambulanti dei mercatini rionali. L'ordinanza del sindaco Leoluca Orlando, che ha sospeso gli appuntamenti settimanali con le bancarelle nella Setti Oggi alle 13,30 il raduno davanti a Palazzo dei Normanni Tutti metteranno una maschera di gomma contro il "nazi-Covid" ma circoscrizione per due settimane, a causa dell'impennata dei contagi, li ha messi in ginocchio. «Chiediamo aiuto, non c'è più lavoro, siamo disperati», dicono i commercianti di Confimprese Palermo. E nel lungo elenco di chi fa fatica ad andare avanti ci sono anche i proprietari delle palestre. «Sulla base dell'ultimo decreto i titolari degli impianti sportivi non hanno diritto a nessun ristoro. E in Sicilia, dove la maggior parte delle aziende sono medio-piccole, questo rappresenta un dramma. Vanno avanti fino a quando hanno capitali da parte», racconta Fabio Gioia che ha la delega allo sport in Confcommercio. Con gli imprenditori, a rischiare di affondare sono anche i dipendenti. «L'uragano deve ancora abbattersi. Ci sono tanti dipendenti che al momento sono in un limbo, tra la cassa integrazione e il divieto di licenziare, ma quando questi argini verranno meno e sarà un disastro», dice Mimma Calabro della Fisascat Cisl Palermo-Trapani.
Fonte: La Repubblica Palermo
Da Intesa Sanpaolo un miliardo alle imprese della Sicilia
ROMA.
Ha fatto ieri tappa in Sicilia il roadshow virtuale di Intesa Sanpaolo dedicato a "Motore Italia". il nuovo programma strategico di finanziamenti e iniziative per favorire il rilancio delle piccole e medie imprese italiane, mettendo a disposizione oltre 1 miliardo di euro di nuovo credito per le imprese dell'Isola. Il piano, che su scala nazionale prevede un plafond di 50 miliardi, punta a mettere in campo tutte le iniziative opportune per consentire alle imprese di affrontare le esigenze - ancora diffuse - dettate dall'emergenza e dalla crisi pandemica. Anticipando i bisogni di liquidità e supporto in vista delle prossime scadenze delle misure governative, la misura fondamentale del programma stabilisce nuove soluzioni di allungamento della durata dei finanziamenti in essere, ampliando le iniziative di sostegno alla liquidità già messe in atto nel corso del 2020. Previsti inoltre ulteriori interventi per preparare le Pmi al rilancio economico e al recupero di competitività attraverso investimenti per la transizione digitale e sostenibile, in linea con i futuri obiettivi del Piano nazionale di Ripresa e resilienza. Alla presentazione di ieri hanno preso parte, per Intesa Sanpaolo, Pierluigi Monceri, responsabile della direzione regionale Lazio, Sicilia, Sardegna, Abruzzo e Molise; Fabrizio Guelpa, responsabile Industry e Banking research della Direzione studi e ricerche; e Paolo Musso, direttore commerciale Imprese per Lazio, Sicilia, Sardegna, Abruzzo e Molise; sono altresì intervenuti Pietro Agen, presidente Camera di Commercio del Sud-Est Sicilia, e Alessandro Albanese, vice presidente vicario di Sicindustria.
A febbraio cala il consumo dei beni alimentari in crescita la vendita di prodotti elettronici, ma a preoccupare è la contrazione del Pil
CONFCOMMERCIO.
I dati degli indicatori riferiti alla provincia di Ragusa mettono in luce le criticità "Con l'inizio della campagna vaccinale e una parziale riduzione della circolazione del virus, sembrava che si potesse vedere la luce e cominciare a pensare ad una ripresa economica vera. In realtà, nel giro di poche settimane, ma dai dati che emergono nell'ultimo numero della "Congiuntura Confcommercio", appare evidente che anche l'economia della provincia di Ragusa si trova a rivivere una situazione molto simile a quella di marzo e aprile dello scorso anno. Certo i vincoli alla mobilità, le chiusure degli esercizi commerciali e dei luoghi di scambio sociale, sono un po' meno stringenti ma il problema è che si aggiungono ad una situazione economica già molto compromessa". E' quanto rileva il presidente provinciale Confcommercio Ragusa, Gianluca Manenti, dopo avere preso atto dei dati dell'Indicatore consumi Confcommercio (Icc) che, per il mese di febbraio, indicano, nell'area iblea, un andamento negativo su base annua con una flessione del 12,5% che segue la contrazione del 17,9%di gennaio. "Per quel che riguarda il Pil - afferma Manenti - a marzo dovrebbe ridursi del 4,7% su base mensile. Ma il problema è che, a questo punto, è in discussione anche una previsione di crescita del Pil attorno al 4% per l'anno in corso. Si ampliano i divari tra settori: gran parte dei servizi di mercato si trovano ormai da un anno nell'impossibilità di operare mentre almeno alcuni settori della piccola industria stanno recuperando le perdite registrate nei peggiori momenti dello scorso anno". Guardando all'andamento economico dei vari settori dell'economia, solo i prodotti ed i servizi di comunicazione e per l'elettronica di consumo si confermano in territorio positivo. Gli incentivi hanno invece dato una buona spinta alla domanda di auto. "Un dato curioso è che - prosegue Manenti - per la prima volta dopo molti mesi il settore dell'alimentazione fa segnare un piccolo calo dopo gli aumenti continui degli scorsi mesi ovviamente dati dalla corsa alla scorta delle famiglie italiane nei periodi di lockdown. In fondo alla classifica rimangono purtroppo la filiera turistica, la mobilità ed i settori legati alla fruizione del tempo libero. Il protrarsi di riduzioni prossime o superiori al 50% da un anno rende sempre più difficile immaginare un'uscita dalla crisi, peraltro non immediata, che non implichi pesanti ripercussioni su questi settori con effetti che potrebbero durare più a lungo della crisi sanitaria. In forte difficoltà continuano a trovarsi l'abbigliamento e le calzature (-24,5% nel confronto con febbraio 2020) e la domanda di carburanti (-21,2%)". La speranza non può che essere quella che con la prosecuzione della campagna di vaccinazione e con l'aumento delle temperature che ci sarà da qui in avanti, il virus possa pian piano allentare la sua morsa e che non solo l'economia, ma in generale la vita, possa tornare ad essere quella di un tempo.
Un dato curioso è che per la prima volta dopo molti mesi il settore dell'alimentazione fa segnare un piccolo calo dopo gli aumenti continui degli scorsi mesi ovviamente dati dalla corsa alla scorta delle famiglie italiane nei periodi di lockdown. In fondo alla classifica rimangono purtroppo la filiera turistica, la mobilità ed i settori legati alla fruizione del tempo libero. In aumento, invece, la vendita dei prodotti per l'elettronica.
Fonte: Confcommercio Imprese per l'Italia - MICHELE FARINACCIO
DECRETO IN ARRIVO: Aiuti a 3 milioni di partite Iva che hanno perso il 30% del fatturato
A MARZO LA RIPRESA ECONOMICA RESTA UN MIRAGGIO
La forte ripresa della pandemia e il rallentamento della campagna vaccinale potrebbero portare ad un calo del Pil del 4,7% su base mensile. Anche l'allentamento delle restrizioni a febbraio non ha evitato un forte calo dei consumi.
Con l'inizio della campagna vaccinale e una parziale riduzione della circolazione del virus, sembrava che si potesse vedere la luce e cominciare a pensare ad una ripresa economica vera, in realtà nel giro di poche settimane il quadro è tornato ad essere molto critico tra stop al vaccino Astrazeneca e diffusione sul territorio delle varianti del coronavirus che hanno aumentato in modo sensibile la contagiosità. Dai dati che emergono nell'ultimo numero della Congiuntura Confcommercio, invece, secondo il direttore dell'Ufficio Studi, Mariano Bella, "è evidente che l’economia italiana si trova a rivivere molto simile a quella di marzo e aprile dello scorso anno. Certo i vincoli alla mobilità, le chiusure degli esercizi commerciali e dei luoghi di scambio sociale, sono un po' meno stringenti ma il problema è che si aggiungono ad una situazione economica già molto compromessa".
Quindi, quella che era una previsione abbastanza acquisita, cioè una crescita del PIL attorno al 4% per l’anno in corso si allontana. I dati dell'ICC a febbraio indicano un andamento negativo su base annua con una flessione del 12,2% che segue la contrazione del 17,5% di gennaio. su questo fronte però, secondo Bella c'è una "speranza" legata al comportamento delle famiglie che "nel momento in cui ne hanno la possibilità, sarebbero ancora disponibili a tradurre in consumo una parte del risparmio involontario accumulato. Ci sono quindi potenzialità di crescita presenti che oggi sono inevitabilmente schiacciate dalla pandemia".
Per quel che riguarda il Pil, a marzo dovrebbe ridursi del 4,7% su base mensile. Ma il problema è che "a questo punto - sottolinea Bella - è in discussione anche una previsione di crescita del PIL attorno al 4% per l’anno in corso. Si ampliano i divari tra settori: gran parte dei servizi di mercato si trovano ormai da un anno nell’impossibilità di operare mentre almeno alcuni settori dell’industria stanno recuperando le perdite registrate nei peggiori momenti dello scorso anno".
Dati infografica: Congiuntura Confcommercio marzo 2021
L'analisi del Pil mensile
Analizzando più nel dettaglio l'andamento del Pil si nota come la produzione industriale di gennaio abbia fatto registrare un leggero incremento mensile dell’1%, al netto dei fattori stagionali, con una flessione del 2,9% su base annua. Il "sentiment" delle imprese del commercio al dettaglio ha registrato, nel mese di febbraio, una crescita del 6,2% congiunturale e una riduzione tendenziale dell’11,8%.
Variazioni congiunturali Variazioni tendenziali
II trimestre 2020 -13,0 -18,2
III trimestre 15,9 -5,2
IV trimestre -1,9 -6,6
I trimestre 2021 -1,5 -2,6
Dicembre 2020 -0,2 -7,6
Gennaio 2021 0,1 -7,8
Febbraio 1,8 -5,6
Marzo -4,7 7,3
Fonte: Ufficio Studi Confcommercio
Cresce la domanda di auto, turismo e tempo libero restano i settori più colpiti
Guardando all'andamento economico dei vari settori dell'economia, solo i prodotti ed i servizi di comunicazione e per l’elettronica di consumo si confermano in territorio positivo. gli incentivi hanno invece dato una buona spinta alla domanda di auto.
Un dato curioso è che per la prima volta dopo molti mesi il settore dell’alimentazione fa segnare un piccolo calo dopo gli aumenti continui degli scorsi mesi ovviamente dati dalla "corsa" alla scorta delle famiglie italiane nei periodi di lockdown.
In fondo alla classifica rimangono purtroppo la filiera turistica, la mobilità ed i settori legati alla fruizione del tempo libero. Il protrarsi di riduzioni prossime o superiori al 50% da un anno rende sempre più difficile immaginare un’uscita dalla crisi, peraltro non immediata, che non implichi pesanti ripercussioni su questi settori con effetti che potrebbero durare più a lungo della crisi sanitaria. In forte difficoltà continuano a trovarsi l’abbigliamento e le calzature (-24,5% nel confronto con febbraio 2020) e la domanda di carburanti (-21,2%).
I prodotti energetici "spingono" l'inflazione
Secondo l'Ufficio Studi Confcommercio, a marzo 2021 ci sarà un aumento dello 0,2% su base mensile e dello 0,7% su base annua dell'indice dei prezzi al consumo. Una ripresa dell’inflazione sulla quale scrive l'Ufficio Studi "continuano a pesare gli aumenti registrati dai prodotti energetici, in seguito alla ripresa dei corsi delle materie prime petrolifere".